Lavoro occasionale: tipologie, limiti e normative

Spesso con il termine “lavoro occasionale” si associano tipologie contrattuali che sono diverse tra loro e che, negli anni, hanno subito modifiche rilevanti. Cerchiamo di fare chiarezza. 

Le normative che regolano il mercato del lavoro hanno subito nel corso del tempo numerosi interventi correttivi. Queste continue modifiche alla legislazione hanno messo in difficoltà anche le aziende e i datori di lavoro che avevano la necessità di inserire collaborazioni di tipo saltuario.

In particolar modo quando si parla di “lavoro occasionale” si genera molta confusione tanto da finire per accomunare forme contrattuali che hanno caratteristiche molto diverse tra loro.

In questo articolo cercheremo di fare chiarezza cercando di capire le normative in vigore e le tipologie di contratto che sono attive in questo momento.

Collaborazioni occasionali

In passato la collaborazione occasionale era regolata dalla legge n. 30/2003, la cosiddetta Riforma Biagi, che metteva in atto una serie di riforme per adattare il mercato del lavoro ai cambiamenti e alle trasformazioni economiche in atto nel nostro paese.

Tra le molte innovazioni introdotte dalla riforma Biagi erano presenti: 

  • Nuove forme di contratti di collaborazione (come i contratti a progetto)
  • Regolamentazioni in merito alle collaborazioni di tipo occasionale allo scopo di limitare l’utilizzo scorretto di contratti atipici per regolare le prestazioni lavorative di questo tipo. 

In particolare le collaborazioni occasionali dovevano essere caratterizzate da:

  • Una durata limitata che non doveva superare i 30 giorni in un anno solare (1° gennaio – 31 dicembre di ciascun anno) con lo stesso committente.
  • Un compenso che non poteva superare i 5.000 euro annui per le attività svolte con lo stesso committente.

Queste normative sono rimaste in vigore fino al Decreto Legislativo n. 81/2015 (Jobs Act) che, di fatto, aboliva le collaborazioni occasionali attive in quel momento (contratti “mini co.co.co” e collaborazioni a progetto). 

Nonostante l’abrogazione di questi contratti, per le aziende e i professionisti, era ancora possibile utilizzare la forma contrattuale definita “Lavoro autonomo occasionale” che andremo ad analizzare nel prossimo paragrafo.

Lavoro autonomo occasionale

Prima di tutto dobbiamo fare una precisazione importante in merito a cosa si intende per lavoro autonomo occasionale o contratto d’opera che, in base all’art. 2222 del Codice Civile, si può definire come:

“Un’attività lavorativa che consiste nella realizzazione di un’opera o di un servizio caratterizzato dalla mancanza di continuità e di coordinamento da parte del committente”

In poche parole si tratta di una collaborazione in cui il lavoratore:

  • Svolge il lavoro in maniera saltuaria e non continuativa;
  • Non è inserito nell’organizzazione produttiva del committente;
  • Non ha un coordinamento del lavoro e quindi può organizzare le proprie attività come preferisce senza vincoli di orari.

É importante sottolineare come il lavoro autonomo occasionale non sia un’alternativa alla partita IVA che invece è una soluzione dedicata espressamente a quei lavoratori che intendono offrire servizi professionali, duraturi e coordinati con il committente. 

Inquadramento fiscale 

La natura occasionale e saltuaria di questa forma di lavoro autonomo permette, a livello fiscale, di inquadrarlo nella categoria dei “redditi diversi”. 

Una volta emessa la fattura per il pagamento della prestazione svolta dal lavoratore, quest’ultimo dovrà:

  • Emettere una ricevuta che costituisce quietanza di pagamento.
  • Inserire una marca da bollo da 2 euro nel caso in cui l’importo sia superiore a 77,47 euro.
  • Indicare all’interno della ricevuta: 
    • l’importo lordo della prestazione;
    • la ritenuta a titolo di acconto del 20% riferita alla prestazione:
    • l’importo netto, cioè quello che verrà percepito con esattezza dal contribuente.

In questo caso l’azienda per cui è stato svolto il servizio agisce come sostituto di imposta e versa la ritenuta per conto del contribuente e l’anno successivo emette la CU (certificazione unica) relativa alla prestazione in oggetto.

Inquadramento previdenziale

Il versamento dei contributi previdenziali prevede che i compensi fino a 5.000 euro, percepiti in un anno, non siano soggetti al prelievo previdenziale.

Quando invece si supera la soglia di 5.000 euro entrano in vigore i contributi previdenziali obbligatori che fanno riferimento alla gestione separata INPS, un fondo pensionistico a cui si devono registrare i lavoratori autonomi e i liberi professionisti.

In questo caso gli obblighi contributivi sono ripartiti tra committente (2/3) e prestatore (1/3).

La parte che è a carico del lavoratore sarà inserita nella ricevuta di pagamento come ritenuta previdenziale che verrà versata dal committente, in qualità di sostituto d’imposta.

Con sostituto d’imposta si intende un soggetto che sostituisce il contribuente nei rapporti con le autorità finanziarie trattenendo dai compensi le imposte dovute che poi, successivamente, verserà allo Stato italiano o alla pubblica amministrazione.

Comunicazione preventiva

Con il decreto legge n. 146 del 21 ottobre 2021 si stabilisce che il committente è obbligato a comunicare preventivamente all’Ispettorato Nazionale del Lavoro le attività che sono svolte da lavoratori autonomi occasionali.

La comunicazione potrà avvenire tramite:

  • il sito internet servizi.lavoro.gov.it
  • tramite PEC (posta elettronica certificata);
  • via sms; 
  • tramite app; 

La comunicazione preventiva è stata inserita perchè spesso il contratto come “lavoro autonomo occasionale” veniva utilizzato per mascherare una collaborazione che invece era di tipo subordinato.

Lavoro accessorio occasionale

Questa tipologia di contratto è stata introdotta dal Decreto Legislativo 276/2003 e

voleva introdurre un livello minimo di tutela per quelle forme di lavoro che erano considerate saltuarie ma che non facevano parte né nell’area delle collaborazioni occasionali né di quelle del lavoro autonomo occasionale.

L’elemento che caratterizza questo tipo di collaborazioni era la modalità di pagamento che si basava sul sistema dei voucher (buoni lavoro). All’interno del Voucher veniva inserito sia il compenso spettante al lavoratore che altre informazioni che regolavano le gestione con l’INPS e l’assicurazione INAIL.

Nel corso degli anni la normativa ha subito diverse modifiche e revisioni fino ad arrivare all’abolizione dei Voucher lavoro (Decreto Legge n. 25/2017) e alla reintroduzione con la legge di Bilancio del 2023. 

Vediamo di seguito le altre forme contrattuali più utilizzare per regolamentare il lavoro occasionale accessorio.

Prestazione occasionale

Le prestazioni di lavoro occasionale sono strumenti utilizzati da chi vuole intraprendere attività lavorative in modo saltuario e non continuativo e sono state introdotte dal Decreto Legge 24 aprile 2017, n. 50.

Dopo l’abrogazione del lavoro accessorio occasionale era rimasto un vuoto normativo che potesse regolare i rapporti di lavoro occasionali. Perciò il legislatore ha voluto sopperire a questa mancanza introducendo nuove forme contrattuali che potessero regolare il rapporto occasionale tra lavoratore e datore di lavoro.

La nuova normativa prevede infatti che si possano richiedere prestazioni di lavoro occasionale secondo due diverse forme contrattuali:

  • Il libretto famiglia (LF) che può essere utilizzato da persone fisiche che non svolgono attività di tipo professionale o di impresa.
  • Il contratto di prestazione occasionale (CPO) conosciuto anche come PrestO che invece può essere utilizzato da: 
    • associazioni, fondazioni, imprese ed altri enti privati;
    • persone fisiche che operano in forma professionale o d’impresa (professionisti, lavoratori autonomi, imprenditori, ecc);
    • pubbliche amministrazioni.

Per avere maggiori informazioni in merito al contratto di prestazione occasionale consigliamo di accedere al servizio tramite la pagina dedicata presente sul sito dell’INPS dove potrete trovare indicazioni precise anche in base al settore di appartenenza.

Limiti economici della prestazione occasionale

La legge stabilisce dei limiti in merito ai compensi che si possono ottenere in un anno:

  • per ogni lavoratore è consentito un importo massimo non superiore a 5.000 euro (considerando tutti i datori di lavoro interessati);
  • per ogni lavoratore è consentito un importo massimo non superiore a 2.500 euro (considerando lo stesso datore di lavoro);
  • per ogni datore di lavoro sono consentiti compensi di importo massimi non superiori a 5.000 euro (considerando tutti i lavoratori).

Lavoro occasionale: tipologie attive 

Al momento quindi, nel nostro ordinamento, sono presenti due tipologie distinte che si possono definire di “lavoro occasionale”: 

  1. il lavoro autonomo occasionale che è disciplinato dall’art. 2222 del codice civile.
  2. le prestazioni di lavoro occasionale disciplinato dalla legge 96/2017 che ha convertito il Decreto Legge 50/2017.

Entrambe le forme di lavoro presentano numerose analogie e sono state introdotte per regolare i lavori occasionali di tipo saltuario, non continuativo e senza una vera e propria gestione da parte del datore di lavoro.

Nonostante le similitudini però hanno normative e ambiti di applicazione che li rendono diversi soprattutto in merito alla facilità di utilizzo. Infatti è più semplice ricorrere al lavoro autonomo occasionale (o contratto d’opera) perché quest’ultimo è regolato esclusivamente dall’art. 2222 del codice civile che lo rende più flessibile e meno rigido.

Le prestazioni di lavoro occasionale sono sottoposte, invece, ad una disciplina più rigida che presenta numerosi limiti oggettivi e soggettivi che le rendono più complicate da utilizzare.

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