Disoccupazione in Italia: facciamo il punto

Per ciò che concerne l’occupazione, occorre purtroppo registrare che l’Italia non attraversa un momento particolarmente florida. L’esercito dei disoccupati è in costante crescita, come dimostra il numero complessivo di chi un lavoro non ce l’ha. Numeri alla mano, parliamo di ben 3 milioni di disoccupati.

Davvero numerosi sono gli aspetti che incidono su quello che un problema strutturale: dalla disoccupazione giovanile a quella femminile, dall’assenza di un piano industriale nel Mezzogiorno alla mancanza di competitività.

Pertanto, cerchiamo di fare il punto della situazione su quella che è a tutti gli effetti una vera e propria piaga sociale.

Lo storico problema della disoccupazione giovanile

Uno scoglio che tuttora appare insormontabile per il nostro Paese è di certo quello della disoccupazione giovanile: la percentuale si attesta attorno al 37%. Un numero esorbitante, specie se paragonato a quello degli altri Paesi appartenenti all’Unione Europea. Solamente Grecia e Spagna fanno peggio di noi, in quanto a giovani senza lavoro con una percentuale vicina al 42%. Ne consegue che per quanto riguarda il rapporto che intercorre tra le nuove leve e l’attuale mercato del lavoro, l’Italia ne esce pesantemente sconfitta.

Molti giovani quando riescono a trovare lavoro, sono costretti ad accontentarsi di un’occupazione poco gratificante, magari ben lontana dal loro percorso di studi. Senza tirare in ballo la retribuzione, ampiamente al di sotto delle loro ambizioni. In quanto a fare carriera, poi, le possibilità sono mediamente basse, specie tenendo conto del breve periodo. Risultato? A crescere è soltanto il malumore: molti ragazzi non vedendo la luce in fondo al tunnel, decidono di lasciare il nostro Paese e di recarsi all’estero, nella speranza di fare carriera. Si parla con sempre maggiore frequenza di fuga di cervelli, problema che potrebbe arrecare danni incalcolabili nel futuro della nostra nazione.

Per l’occasione, è possibile approfondire l’argomento sulle mete più ambite e sui settori più redditizi, leggendo l’articolo “Lavorare allestero: i paesi e i settori dove si trova più occupazione“.

I lavoratori over 50 si confermano la colonna portante del sistema occupazionale in Italia

Se i giovani hanno difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro, specie nella fascia di età compresa fra i 18 e i 24 anni, c’è da dire che sono i lavoratori over 50 a contribuire in modo significativo al fatto che i dati sulla disoccupazione non siano ancora più neri.

La dinamica creata dal Jobs Act

Attualmente, il dato degli occupati appare leggermente migliore rispetto a quello di qualche anno addietro: la dinamica del Jobs Act ha aumentato, seppur di poco, il tasso di occupazione. Gli incentivi erogati alle imprese nostrane, a fronte dell’assunzione di nuova forza lavoro, sembra aver arrecato qualche piccolo miglioramento. Di certo, i dubbi persistono, visto che bisognerà vedere cos’è che accadrà, a seguito dell’esaurimento degli incentivi fiscali. A livello governativo, almeno al momento, prevale una piccola speranza sul fatto che gli studenti, dopo le varie trafile fatte di stage e di rinnovi in stage, alla fine portino alla tanto ambita assunzione a tempo indeterminato.

E i Sindacati?

La visione dei Sindacati è però decisamente meno ottimista. Gli occupati sarebbero una percentuale inferiore a quella del 57,5%. Molti tra coloro che non hanno lavoro, hanno perso la speranza di trovarlo. Per questo motivo, essendo scoraggiati, non risultano rintracciabili in alcuna statistica. Trattasi del fenomeno della disoccupazione cronica, vale a dire di coloro che non trovano lavoro da diverso tempo. Quasi 9 milioni in Italia, secondo i Sindacati. Oggettivamente, troppi.

Lavori part-time

Per molti, poi, il lavoro part-time viene visto quasi come un’ancora di salvezza a cui appigliarsi. Vi sono poi oltre 600.000 di soggetti sottoccupati.

L’Europa appare un continente sempre più vecchio

A fronte di un quadro occupazionale tutt’altro che roseo per l’Italia, vi è un ulteriore ostacolo difficilmente aggirabile: le prospettive di vita in Europa sono notevolmente salite e con una popolazione sempre più vecchia e con una natalità sempre più bassa, si corre il rischio di vedere alcune professioni, fondamentali per l’economia del Belpaese, a rischio di estinzione. Quei lavori che nessuno vuole più svolgere. Importanti statistiche evidenziano come entro il 2070, il 30% della popolazione europea avrà almeno 65 anni. Il 20% in più di adesso.

La disoccupazione femminile

I dati continuano a non essere incoraggianti anche per ciò che concerne l’occupazione femminile. Il 31% delle donne tra i 18 e i 24 anni non ha occupazione. Tra i 24 e i 55 anni, la percentuale di donne occupate non può essere giudicata positivamente, visto che solo il 54% ha un lavoro stabile. Un dato preoccupante se si considera che in Europa la percentuale di disoccupazione femminile si attesta al 18,4%.

Figure specializzate in forte difficoltà

Per i profili più specializzati che, nel giro di qualche anno, almeno teoricamente avrebbero tutte le carte in regola per dirigere il nostro Paese, le cose non vanno di certo meglio. Chi ha un titolo di studio alto (laurea in su) non riesce a trovare occupazione nel 6,6% dei casi, se è un uomo, e nel 4,7% dei casi, se è una donna. La media europea, invece, è solo del 3,8%.

Titoli di studio medi

Lo scenario è grosso modo lo stesso anche per i lavoratori con titoli di studio medi (diploma di scuola dell’obbligo). Il divario persiste: l’11,1% dei profili con titoli di studio medi non riesce a trovare lavoro in Italia (contro la media europea del 6,5%);

Figure non specializzate

Il divario tra l’Italia ed i Paesi appartenenti all’Unione Europea si abbassa per quanto riguarda le figure non specializzate. Con livelli di studio più bassi, il 12,5% degli uomini (contro il 12,4% in Europa) e il 16,5% delle donne (contro il 14,4% in Europa) non riesce a trovare occupazione.

Conclusioni

Solo importanti riforme strutturali possono contribuire al rilancio dell’occupazione in Italia. Industrializzare il Mezzogiorno, tema già ampiamente discusso qualche secolo fa, resta forse l’ultima speranza per il nostro Paese di poter recitare un ruolo da protagonista all’interno dell’Unione Europea.

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